Se c’è un peccato contro la vita, è forse non tanto disperarne, quanto sperare in un’altra vita, e sottrarsi all’implacabile grandezza di questa. 
A. Camus

Caro viandante che mi leggi, 
siamo ormai giunti ad agosto e alle tanto attese vacanze estive. Devo dire che molti di noi hanno una pessima organizzazione del proprio tempo, finendo per  mirare alle vacanze come si fa per l’attesa alla pensione o ancor peggio per un’altra vita, con l’obbiettivo di tenere duro in questa!

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A questo proposito, oggi, vorrei farti accorgere di un davvero ben formato paradosso: conosco diverse persone che tirano la cinghia in questa vita su molti livelli esistenziali, per produrre una certa quantità di crediti per l’aldilà. Pur essendo meritevole, poiché le opere di bene sono importanti davvero per la nostra società e ci fanno sentire  a posto l’anima, se non sono fatte per il puro piacere, gusto nel farle, non consistono in veri e propri bonus, ma inganni belli e buoni che facciamo a noi stessi impacchettandoli per opere pie.

La cosa ancor peggiore poi, sta nel tralasciare ciò che più conta, cioè questa vita!

Nel mio ambiente mi capita sovente di incontrare persone che abbiamo intrapreso la strada del Dharma, si usa in questo caso l’esclamazione “fare Dharma”  ossia, produrre una certa quantità di buone azioni per alleggerire il Karma. 
Karma è una parola sanscrita che significa azione e ha una sua legge che ci dice che, per ogni nostra azione, buona o cattiva che sia (sempre che esista il buono o il cattivo), corrisponde un’altra azione, uguale o contraria a quella fatta che potrebbe non vedersi  manifesta subito nella nostra esistenza attuale. 
Questo avviene anche se si crede nell’inferno e nel paradiso, non solo nella teoria della reincarnazione.

Insomma non è prettamente un concetto che lambisce le spiagge della religione, ma ha un suo senso più largo. 

Le opere di bene sono vitamine per l’anima poiché nella vita di servizio noi ci sentiamo di esistere, attraverso ciò che diamo, offriamo il nostro contributo alla società, offriamo a lei i nostri talenti, le nostre capacità, il nostro sale della vita.

Questo consiste già in un premio altissimo che è rendere i momenti della nostra vita autentici e veri, oltre che pieni; requisito questo che rende non solo la vita degna di essere vissuta ma anche sola caratteristica per definirla tale.

Noi infatti, caro lettore, viviamo di momenti, e attraverso l’intensità di questi istanti di eterno noi possiamo definire la vita vissuta e non viceversa, sopravvivere ad essa.
Così come per il lavoro: si dovrebbe lavorare per offrire il proprio contributo, con amore, passione e felicità per aver trovato una modalità di espressione per essere utili alla società. Se così non è, se aspettiamo tutto l’anno che arrivino le canoniche vacanze, non si tratta di vita ma di un inferno in terra. Darò in questo modo al prossimo tutta l’amarezza che riverso in me mentre tiro avanti, serro i denti e deglutisco fiele, nell’attesa del giorno migliore, dell’occasione per me, credendo segretamente persino a me stesso che le occasioni infondo sono prerogative delle vite altrui.
La verità caro confidente è che dovrebbero essere i soldi a lavorare per noi e non noi per i soldi!
 Questa è l’unica prerogativa per dare una svolta al pessimismo e fastidio che ci attanaglia l’anima a cicli.

Buone vacanze allora, caro viandante:  vivile come se fosse ottobre o maggio, e vivi i restanti mesi come se fosse il periodo della vacanza, ti capiterà così di non lavorare un giorno della tua vita!
Monia