Il mio obiettivo non è essere migliore di qualcun altro, ma essere migliore di com’ero. (Wayne W. Dyer)

Il sentimento della supponenza è sempre in agguato, anche negli ambienti in cui non ce l’aspetteremmo. Spesso tale supponenza è ben camuffata, così accade, caro viandante, di non riuscire a scorgerla, a vederla e fissarla negli occhi, a riconoscerla come tale.

Le manifestazioni dell’ego sono infime, si muovono in modalità di apparente rigore, giustizia ed etica. Qualche esempio?

Se siamo diventati vegetariani, ma non rispettiamo i richiami del corpo che ci dicono che ancora necessitiamo di proteine animali, ecco che l’ego è in agguato. La mancanza di carità per noi stessi è a tutti gli effetti un supporre che ce la possiamo fare benissimo anche senza assumere carne. Però di notte sogniamo i polli arrosto e le fettine panate! Quante pretese! Quanta fretta nell’evoluzione! Conosco una ragazza che presa nella foga di lavorare sul suo karma chiese all’Universo di poterlo sciogliere in questa vita, tutto! Non ricordo quando l’ho vista viva l’ultima volta!

Questi atteggiamenti che rasentano l’accanimento terapeutico spirituale non sono Essere persone spirituali, ma fobici, esasperati, egoisti! Non sono Essere in un percorso, ma maltrattarsi furiosamente.

Il poco rispetto per noi si può esprimere in svariati modi nell’ambiente cosiddetto spirituale. Ogni volta che diamo in mano la nostra vita, le nostre scelte, la nostra responsabilità e discernimento a qualche santone-guru-psicologo-councelor-operatore-prete… di fatto noi siamo caduti nelle trappole del cammino verso il risveglio.

Devo dire che ce n’è per tutti: magari scegliamo di muoverci eticamente nell’ambiente amicale e lavorativo, ma in famiglia siamo nella condizione del non perdono, trovando mille e uno scuse per non traslare quella compassione che abbiamo per gli altri anche a casa nostra: siamo caduti nella trappola dell’ego.
Se decidiamo di intraprendere una sana alimentazione e poi siamo pronti a sparare sentenze verso chi non ha fatto la medesima scelta, siamo ancora una volta caduti nel cono d’ombra del risveglio.

Essere su un cammino spirituale non significa essere perfetti, ma cercare di diventare migliori.

Intraprendere un percorso evolutivo non significa essere per forza religiosi e trovarsi nella condizione di credere che il nostro Dio sia migliore di altri. Se questo avviene, siamo nel cono d’ombra dell’essere in un processo di risveglio.
Parlare e comportarsi in modo etico solamente quando si è visti, non è essere spirituali, ma ipocriti.
Pensare che chi è in un percorso spirituale non si ammali di malattie terribili è pure questa una falsa credenza. Non esistono superpoteri che ci facciano schivare le malattie o fare in modo che le cose più brutte accadano ai reietti, a chi non è battezzato, non prega, non si affida, non persegue una pratica, a parla con gli angeli, non tiene seminari e scrive libri nel settore… Se crediamo questo, siamo nel giogo dell’ego. Dio non c’entra affatto!

La supponenza, come vedi, caro viandante, con i suoi tentacoli costella volentieri le nostre giornate: ora però possiamo osservarla e scegliere di essere persone migliori di poco fa. Questo ci rende senz’altro persone spirituali, senza mirare a fantomatici poteri o a rasentare lo stato di guru.

Monia

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