Questa settimana, viandante, vorrei parlarti dell’attaccamento come forma di amore deviato.
Si tratta di una malattia antica che in età adulta andrà a minare ogni nostra relazione. L’attaccamento è a mio parere la fonte primaria dell’infelicità umana e sarebbe molto interessante, oggi, accorgercene insieme.

I terapeuti cercano, nelle varie fasi evolutive di crescita della persona, di eliminare gli effetti della sofferenza, ma con risultati spesso poco duraturi, poiché le cause stesse della sofferenza sono “furbe”… e attendono di riemergere in acque tranquille, dal profondo della nostra anima egoica (parte più densa dell’anima, meno evoluta, definibile come “ego”),trasformandosi in un’altra patologia.

Relazione Il principio di tale sofferenza è prodotto dall’attaccamento,
consolidato nel tempo come amore e affettività,
fino a prender spazio nella nostra vita
e chiamandosi relazione autoreferenziata.

Di fatto le cose sono ben diverse, ma non siamo capaci di accorgerci per via del grande tranello teso dal demone dell’attaccamento stesso.


Con questo falsato modo di vedere il mondo, noi valutiamo tutto con lenti perturbate e intossicanti, che finiranno per riportarci nella perdita, nella sofferenza. Così, in tal modo, si finisce per credere che le cause della propria sofferenza siano esterne, ed erroneamente rantoliamo nel buio, finendo addosso a fallimenti sovra-strutturati, ma con le stesse matrici a ben vedere: sempre i soliti abbandoni, i soliti incontri, il solito amore che ci sventra…
Si tratta di reali cliché, tenuti in vita dal demone dell’attaccamento.

E’ impressionante realizzare come a volte l’attaccamento, e anche l’abbandono, ci vengano insegnati.
Quando si educa un bambino si è felicemente pronti a inculcargli i nostri comportamenti, le nostre credenze nei confronti della vita, e con questo i nostri timori, le nostre falsate verità e paure.
Così si finisce facilmente, quasi senza accorgecene, per spalmare queste nostre convinzioni riguardo la vita, gli altri, il cibo, il mondo intero… nelle più interessanti dinamiche di ricatto affettivo.
Si tratta perlopiù di paure, ma al piccolo essere in crescita servono regole, non paure!

Il bambino nasce spontaneo e libero di sperimentare, ricercare, apprendere, sviluppando in questo modo concetti e credenze sue.
Se i genitori, come condizione del loro amore nei confronti del piccolo, mettono una serie di requisiti del tipo: obbedienza alle loro richieste; io sono l’adulto e quindi so, e tu sei il piccolo e quindi obbedisci; devi dare l’esempio, gli altri si comportano meglio; se non righi dritto non meriterai… allora il bambino perderà la sua libertà, avrà paura che, se non ubbidirà, verrà amato di meno, finendo per pensare di non essere sufficientemente bravo e degno di amore.

  • È necessario dare l’esempio, non imporre.
  • Servono regole e non regolamenti.
  • Servono spiegazioni e non potere manifesto dal “Perché si fa così!”
  • Soprattutto serve amore, non paura!

Crescendo in questo modo, vivrà l’angoscia del potenziale rifiuto da parte del genitore, sempre lì in agguato, rimanendo sottomesso.
Alimenterà in tale modo l’attaccamento e forme di amore distorto: per paura di perdere, egli perderà, ritroverà e ri-perderà! Nutrirà le sue paure e vivrà infelice e stressato, sempre in fuga per essere più adeguato, nel caso dell’umiliazione; più etico, nel caso della ferita d’ingiustizia; più controllore, nel caso del tradimento; più vampiro, se si tratta di ferita d’abbandono; maggiormente riluttante, se si tratterà di ferita da rifiuto.

Caro viandante, secondo te, come crescerà questo bambino?
Egli crederà che l’affetto e l’amore debbano essere guadagnati, comprati con l’accondiscendenza, che è falso amore, poiché egli sarà costretto a fare anche ciò che non sente per essere un “bravo bambino”, e farsi, in tale modo, amare di più!

Interessante come nascono tali dinamiche, non trovi?
È pur vero che l’essere ha fatto un antico patto, prima di arrivare sulla Terra, per mettere in scena tale dramma, ma mi auguro che saremo sempre di più nella via della comprensione per empatia, senza dover provare per forza un disagio sulla propria pelle. Ci voglio credere!
Nel frattempo attrezzo per far accorgere…

Un abbraccio!
Monia

 

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